Dalla serie B al tricolore, la favola in rosa di Lucca

lucca tricoloreQuesto finale di stagione è inutile nasconderlo ci sta regalando tantissime favole da raccontare e miracoli da ricordare. In campo maschile come potete leggere dalle nostre pagine on line i nostri corrispondenti da Capo D’Orlando e Trento ci raccontano di imprese, stessa cosa potrebbe essere l’impresa nel femminile della Gesam Gas Lucca che spezza il dominio del Famila Schio e dopo una serie di finale entusiasmante come poche si regala il primo titolo di campionesse d’Italia nella storia del club toscano.

“Abbiamo fatto una grande gara quattro ma dietro c’è tutto un percorso che parte da tanti anni fa con la costruzione di una squadra basata non solo sull’aspetto tecnico ma su un gruppo con valori dove l’aspetto lavoro ha la priorità su tutto - sono le parole di coach Mirco Diamanti, il condottiero in panca di Lucca -. Questo era l’unico percorso fattibile per arrivare in cima”. 

DALLA SERIE B ALLO SCUDETTO - Una storia che semina le sue radici nel luglio del 1992 raccogliendo ed unendo l’eredità di due squadre arrivando fino alla promozione in B nel 1995 con Lidia Gorlin attuale general manager in panchine. Nel 2006 inizia l’era di Mirco Diamanti con una promozione sfiorata il primo anno e centrata il secondo, anche in A2 l’anno buono è il secondo e la promozione nel massimo campionato arriva il 20 maggio 2010 contro Cagliari. Sono anni di stabilità e crescita costante in una società che non ha mai cercato di fare il passo più lungo della gamba, sapendo soffrire nei momenti difficili, avendo dalla sua parte il lavoro in palestra come unico strumento per diventare grande.

Esclusiva SM, Bulleri si ritira ma Brindisi resta nel cuore

brindisi-ulm008Con una lunga cerimonia “officiata” al centro del parquet di Masnago, il basket italiano ha tributato un grande omaggio a Massimo Bulleri. Il playmaker di Cecina, 40 anni, ha annunciato nei giorni scorsi il suo ritiro dalla pallacanestro giocata e la Pallacanestro Varese ha deciso di dedicargli un’intera mattinata nella quale sono intervenuti diversi ospiti che hanno affiancato il “Bullo” lungo la sua lunga e proficua carriera.

Mentre sul maxi schermo del PalA2a scorrevano alcune immagini delle azioni più belle di Bulleri, a centro campo è stato Simone Fregonese (storico addetto stampa della Benetton) a coordinare gli interventi. Al microfono si sono alternati Renato Pasquali, mentore del play fin dal suo prestito in A2 a Forlì, Denis Marconato che è stato il compagno di squadra più fedele, il dirigente federale Alberto Mattioli e coach Carlo Recalcati che lo hanno seguito da vicino in azzurro. Per Varese sono intervenuti coach Attilio Caja, capitano Giancarlo Ferrero e Toto Bulgheroni, che ha consegnato a Bulleri la maglia indossata in questa stagione con la Openjobmetis. "Per la nostra società è stato un onore averti qui per la tua ultima annata", ha spiegato lo storico dirigente.

Sassari applaude Sacchetti. La Dinamo lo ignora

Sassari - BrindisiSassari Brindisi non è mai una partita "normale". Già dai tempi della Legadue le due squadre si sono affrontate sempre con grande vigore. Domenica scorsa, oltre ai due punti in palio, è stato un pomeriggio particolare. Meo Sacchetti, sei anni e e mezzo alla guida della Dinamo, uno scudetto, due Coppa Italia, una Supercoppa e la storica partecipazione in Eurolega, è tornato a "casa". Ed è stato celebrato, già dal pomeriggio precedente all'aeroporto di Alghero come abbiamo testimoniato in esclusiva grazie alla nostra inviata Daniela Franco (il video è sulla nostra pagina Facebook, leggi anche "Brindisi non cambi mai. Anche Sassari è amara"). La festa è proseguita al Pala Serradimigni. Angelo Cavaliere, altro nostro inviato, racconta le proprie emozioni e quelle di Andrea Sini, giornalista de La Nuova Sardegna, e Nando Mura, inviato de L'unione Sarda, al'ingresso dell'attuale allenatore della New Basket.

Un grande, lungo applauso, due striscioni sugli spalti, ma nulla da parte della società che anzi ha volutamente tolto qualsiasi riferimento sulla rivista ufficiale. Che tra il presidente Sardara e l'allenatore di Altamura il divorzio fosse stato drastico era cosa ben nota, ma questo "strappo" è ancora più clamoroso. Brindisi probabilmente non avrebbe mai potuto dimenticare un allenatore così importante nella sua storia. Domenica prossima contro Pesaro aspettavamo Piero Bucchi, ma l'ex coach della New Basket per cinque anni, si è dimesso due settimane fa. Non abbiamo la controprova, ma siamo certi che l'accoglienza societaria sarebbe stata ben diversa. Perchè la riconoscenza non ha confini e veleni. Ora spazio ai vari commenti (Marino Petrelli)

Esclusiva SM, Sacchetti tra basket, mare e buona cucina

Enel Brindisi presentazione coach Meo Sacchetti272Una partita speciale, contro il suo passato e contro il figlio Brian, a cui chiede, se mai dovesse accadere, di non far vincere Sassari con un tiro allo scadere. Petrovic e Dalipagic i miti contro cui ha giocato. E Brindisi come nuova vita, anche per il nostro mare e i vini pugliesi. Ecco Romeo Sacchetti, come sempre ironico e puntuale, in esclusiva per Supporter’s Magazine.

- Mentre preparavamo l'intervista, è uscita la notizia che sarà insignito dalla Federazione degli onori della Hall of Fame per la categoria atleti. E' una gran bella soddisfazione, che ne pensa?

“Certo, mi ricorda il mio periodo della carriera da giocatore. C'è da dire che è un premio che danno solo quando diventi vecchio…”

- Vincere lo scudetto a Sassari, città che in sette anni ha portato dalla Legadue al titolo italiano e alla Coppa Italia, da una soddisfazione particolare?

“Non potrebbe essere diversamente, abbiamo fatto una stagione che rimarrà nella storia non solo di Sassari ma del basket italiano”

- Brindisi vs Sassari, sarà una partita speciale per lei...

“Ovviamente! Sono stato in Sardegna quasi 7 anni e rincontrerò amici, giocatori, massaggiatori che mi hanno affiancato in quel periodo di vita. Sarà abbastanza suggestivo”

- Sfida nella sfida, quella con suo figlio Brian. Cosa le è rimasto nell'averlo allenato per anni e cosa vorrebbe dirgli di NON fare contro l'Enel in partita?

“Non è stato facile sia per me che per lui, ma credo maggiormente per Brian. Mi spiacerebbe che perdessimo per l'ultimo tiro segnato proprio da lui”.

Streetball, dalla strada alle Olimpiadi Tokio 2024/ part 2

rucker_parkEccoci tornati con la nostra rubrica dedicata allo streetball, il basket nato nei playground e ormai riconosiuto a livello mondiale. Recita un detto dalle parti di Chicago: “il ghetto è dolore, è morte, è come un rito di passaggio”. E da quelle parti a volte, per strada si muore veramente, ora spunta una pistola da lì ora da un’altra parte. Bande si, bande che si contendono un pezzo di terra, un quartiere, una strada, un campo da basket. Si, perché da quelle parti, oltre quell’oceano, si contendono a volte anche campi da basket, i cosiddetti playground. Da quelle parti anche un pezzo di terra, una rete metallica e un canestro può divenire oggetto di contesa. Un mondo strano, no, per niente. Il basket da quelle parti è religione.

Giocare a basket diviene quasi una sorta di rituale collettivo. Molti ragazzi da quando sono bambini hanno in mano una palla, e possibilmente, un canestro. Cosi li vedi che cominciano a palleggiare, a buttare la palla in un cesto, e li vedi diventare bravi, bravissimi, poi campioni. Pochi di voi sanno che i migliori giocatori di Nba si sono formati proprio su questa realtà. Si, sulla strada, nel playground. Una parola inglese che vuol dire semplicemente “campo da gioco”. Come da prassi questa disciplina, perché di quello si tratta, è nata negli Usa. E’ nata da un’esigenza, quella di dare ai ragazzi poveri una squadra in cui giocare, è nata si, per regalare un sogno. Spesso il playground, il basket da strada è stato indicato per questo come la “pallacanestro dei falliti”, si, di quelli senza speranza. E invece nulla di più sbagliato. Quei ragazzi inseguivano, e inseguono, un sogno, quello di essere giocatori di pallacanestro.

E lo sono, hanno la stessa pari dignità di un giocatore di basket qualsiasi. Loro non fanno basket, fanno Street-basket, basket da strada. Giocano non in un palazzetto da cinque, dieci mila posti, al massimo ci cacciano un centinaio di spettatori, quando va bene, a volte neanche gli amici che vengono a tifare. Alcuni di questi campi da gioco, playgrounds, sono diventati famosissimi. Sarebbe lunghissimo illustrare la storia di questi luoghi deputati a sfide infinite, cuore e anima di un modo tutto particolare di vivere il basket, luoghi dove il tempo si ferma.

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